CON IL CUORE A MILANO - Luciano Moia

Il libro è un breve profilo del cardinale Dionigi Tettamanzi, ancora vivo nel ricordo della diocesi ambrosiana.
"Alla chiesa di Cristo, alla Chiesa che è in Milano, con la grazia della chiamata ad esserne Pastore, sento di poter dire tutto il mio amore e tutta la mia decisione si spendere in lei e per lei le forze che Dio mi vorrà donare".

Il 29 settembre 2002 Tettamanzi entra a Milano e riceve il pastorale dalle mani di Martini. Nella lunga omelia programmatica dice: «Gli uomini e le donne del nostro tempo, anche se inconsapevolmente, ci chiedono di “parlare” loro di Cristo, anzi di farlo loro “vedere”. Essi hanno diritto alla nostra gioiosa e coraggiosa testimonianza di fede, come ne ha diritto la società intera: anche se si è fatta indifferente, pagana e ostile a Dio e a Gesù Cristo, la nostra società, infatti, non può sradicare e cancellare quell'anelito religioso che Dio Creatore e Padre ha impresso nel cuore di ogni uomo». A fare breccia tra la gente ambrosiana è lo stile di Tettamanzi, che alla fine di ogni celebrazione rimane per lungo tempo a disposizione dei fedeli, di chiunque voglia avvicinarlo per stringergli la mano o rivolgergli una richiesta. Disponibile con tutti, sempre cordiale, ma per nulla ingenuo.
Negli anni del suo episcopato milanese lui, pastore brianzolo espressione di un cattolicesimo popolare nonché collaboratore da dietro le quinte di molti scritti wojtyliani di morale, finisce per venir rappresentato - con una evidente caricatura - come un pericoloso progressista da quanti non lo considerano perfettamente allineato con Ruini e con la visione culturale e politica degli «atei devoti» che consacrano il berlusconismo. Aprendo i lavori del Convegno della Chiesa italiana di Verona, prende le distanze da quella linea, citando la Lettera agli Efesini di sant’Ignazio di Antiochia: «Quelli che fanno professione di appartenere a Cristo si riconosceranno dalle loro opere. Ora non si tratta di fare una professione di fede a parole, ma di perseverare nella pratica della fede sino alla fine. È meglio essere cristiano senza dirlo, che proclamarlo senza esserlo». Finisce nel mirino di attacchi rozzi, come quelli del ministro leghista Roberto Calderoli che lo definisce «imam» per le sue parole sull’accoglienza verso i musulmani.
La Milano che Tettamanzi lascia nel 2011, quando gli succede Angelo Scola, fino ad allora patriarca di Venezia (un secondo strappo alle tradizioni) è diversa da quella che ha trovato. «Il futuro è nella carità», profetizza l’ormai arcivescovo emerito, a motivo delle trasformazioni sociali e della crisi economica: a Milano «ho trovato il progressivo impoverimento economico delle famiglie, ma al tempo stesso l’aumento della pratica della solidarietà; la crescente disaffezione verso la politica e l’aumentata voglia di “dire la propria” sulla città; il peggioramento di alcune prospettive di stabilità per il lavoro dei giovani ma, insieme, le accresciute opportunità formative e culturali; l’aumento del numero degli immigrati e la crescente incapacità a farli sentire protagonisti della società; l’aumento della ricchezza per pochi, l’indebitamento crescente per molti. Dimenticavo un’altra cosa che non è cambiata: gli anni della cosiddetta Tangentopoli pare che qui non abbiano insegnato nulla, visto che purtroppo la questione morale è sempre d’attualità».

Con Tettamanzi arcivescovo la diocesi ambrosiana istituisce il Fondo Famiglia Lavoro, per aiutare chi è in difficoltà a motivo della crisi. Un modello che sarà poi replicato in altre diocesi. Da emerito, il cardinale Tettamanzi si ritira a Triuggio, in una residenza di proprietà dell’arcidiocesi di Milano, dove lo assisteranno fino alla morte. Non vuole essere (e non sarà) ingombrante per il suo successore: non rilascia interviste, non diventa, come talvolta accade agli emeriti - più o meno inconsapevolmente - il referente della «fronda» al vescovo in carica. Continua a dedicarsi invece all’attività pastorale, celebrando le cresime nelle parrocchie, aiutando così il suo successore. Dopo le dimissioni del vescovo di Vigevano Vincenzo Di Mauro, nel luglio 2012 Tettamanzi viene nominato amministratore apostolico di Vigevano, dove rimarrà per un anno, fino alla designazione del nuovo pastore, andando avanti e indietro da Milano. Un esempio e una testimonianza di come si possa continuare a servire la Chiesa da vescovi emeriti. Nel marzo 2013 partecipa al conclave da cui esce papa Jorge Mario Bergoglio, che farà in tempo a incontrare nella “sua” Milano quattro anni dopo.
Prima di lasciare la diocesi, facendo un bilancio del suo episcopato milanese, aveva detto: «Oggi più che mai abbiamo bisogno di una Chiesa radicata in Cristo, che metta lui e non l’organizzazione o il successo mondano al centro». E nei giorni della malattia, anche nei momenti nei quali non era presente a se stesso a motivo dei farmaci, ha continuato a raccomandare «la preghiera e il lavoro per l’unità della Chiesa», come sua principale preoccupazione che sgorgava dal suo inconscio. La preoccupazione che ha segnato tutta la sua vita di fedele servitore del Vangelo e dei Papi che si sono succeduti sulla cattedra di Pietro (da lastampa.it).


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