GESU' FIGLIO DELL'UOMO - GIBRAN

E' un libro soffuso di fascino e di poesia. Il fascino deriva dall'incontro con l'uomo più perfetto mai apparso sulla terra, la poesia dalla capacità di tradurre questo fascino in opera poetica. La vivezza delle immagini, l'abilità nell'esprimere pensieri e sentimenti che riecheggiano altri mondi, la musicalità dello stile, i ritmi biblici, le risonanze evangeliche, il sapore di giovinezza e di verginità, l'intuizione di verità nascoste e liberatrici, la gioia di trasfigurare la banalità del quotidiano e dell'immediato: tutto ciò fa di Gesù Figlio dell'Uomo un'opera suggestiva, artisticamente valida, di quelle che non lasciano indifferenti (dalla prefazione di Ferdinando Castelli).

Pubblicato cinque anni dopo "Il Profeta", nel 1928, "Gesù figlio dell'uomo" è un ritratto composito della figura di Cristo. Prendono la parola, in diversi monologhi, alcuni dei personaggi chiave del Vangelo, come Maria, Giovanni il Battista, Pietro, Ponzio Pilato, Giuda, e una serie di altre figure create da Gibran, come il logico Elmadan, il farmacista greco Filemone, Melachi l'astronomo... Ma tutti, discepoli o amici e nemici, parlano di Gesù a partire da loro stessi: l'oratore vede in lui la perfezione dell'oratoria, il medico il miglior medico, il poeta lo interpreta come il poeta supremo. L'ultimo a parlare è un uomo del Ventesimo secolo, che la critica identifica con lo stesso Gibran. Gesù, per Gibran, è soprattutto figlio dell'uomo e rappresenta il compimento e la realizzazione di ogni singolo uomo: la libertà, la pienezza, la passione dell'essere. Il rapporto tra "Il Profeta e Gesù figlio dell'uomo" appare così strettissimo: nello stile solenne e metaforico, mutuato dalle Sacre Scritture, nel messaggio spirituale e persino nelle illustrazioni che accompagnano i due testi. Dall'amatissimo autore del "Profeta", una lettura ispirata di Gesù, riletto come vivente metafora dell'uomo contemporaneo (da ibs.it).

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